Storia
Su Buddusò si narra una leggenda: «Una donna di Dure, antico villaggio nei pressi di Bitti, la quale per sua onestà fu da Dio invitata a fuggire dal proprio paese, sul quale incombeva la distruzione, ed a fermarsi e stabilirsi in quella località dove avesse udito cantare il suo gallo, oltrepassato Bitti proseguì verso settentrione e si fermò dove udì il suo gallo cantare in maniera prodigiosa: “Puddu so”. Qui pertanto sarebbe sorto il nuovo paese». L’etimologia del nome, come è detto nel Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, non è sicura. L’uscita in ò è caratteristica di nomi locali sardi attribuiti alla parlata prelatina; quanto alla base non è chiaro se abbia qualche rapporto con l’appellativo gollei, gullei, “altopiano”. Il canonico Spano dà diverse interpretazioni; deriverebbe da un fenicio beth dasib, “luogo di erba”, o essere corruzione di Caput Tyrsi, forse perché Buddusò è a qualche chilometro dalle sorgenti del Tirso; oppure che venga da Udda, il canale del vicino Tirso, per cui un abitante del luogo «“dimandato di dov’era”, rispose: “de Udda so”» (“sono di Udda”). Secondo Massimo Pittau deriverebbe da Biddisò = “passero”. Questo vocabolo esiste nel dialetto gallurese e sassarese e indicherebbe dunque una località frequentata da tantissimi passeri. Pittoresco ed attivo centro del Monte Acuto, nella Sardegna nord-orientale, sorge sull’altipiano omonimo a 690 metri sul livello del mare. L’origine del centro è sicuramente medioevale, ma fino agli inizi del Novecento il suo centro storico ha mantenuto il tessuto urbano di allora: disordinato e con le vie strette. Ciò che caratterizza l’architettura è Su Palattu, il palazzo a più piani, costruito con conci di granito a vista o sommariamente squadrati. Sorgono nella seconda metà dell’ottocento, quando Buddusò ebbe un’espansione del suo ciclo economico, e sono le abitazioni dei medi e grandi proprietari terrieri. Caratteristica comune sono i portali nella cui architrave si trovano scolpiti l’anno di costruzione e le iniziali del proprietario: alcuni sono sormontati da lunette abbellite con elementi decorativi in ferro battuto. Esternamente sono arricchiti da poggioli di lastroni di granito bucciardati poggianti su mensole, anch’esse in granito lavorato, e delimitati da alte ringhiere in ferro battuto. Ai vecchi quartieri ne sono succeduti di nuovi con vie più ampie e soleggiate. Il suo territorio confina con quello dei comuni di Alà dei Sardi, Bitti, Osidda, Pattada, Oschiri e Berchidda. Occupa una superficie di 21.000 ettari, di cui 9.000 di proprietà del Comune. Il clima è sub-umido. L’estensione in altitudine di questo tipo di clima va in genere da 500 a 1.100 metri; il grado di umidità è elevato, ma rimane sempre marcata la siccità dell’estate. Così il leccio, la sughera e la quercia trovano le condizioni climatiche più favorevoli. Le piogge oscillano tra gli 800 ed i 1.200 millimetri annui. Da circa dieci anni la piovosità è diminuita di circa il 50 %. Buddusò è una delle regioni della Sardegna con maggior frequenza di gelo. (Atlante della Sardegna, a cura di Roberto Pracchi e Angela Terrosu Asole). Il terreno è prevalentemente sabbioso, a grana grossa, di natura silicea, provvisto di poca argilla. E a reazione acida. Dal punto di vista orografico il territorio di Buddusò è piuttosto irregolare: da pianeggiante con dolci colline a montagnoso ed accidentato, e solcato da piccole valli e canali. La parte del territorio a nord del paese, “Su Monte S’Ena”, si presenta accidentata nel rilievo, aspra, spoglia di vegetazione e priva di soprassuolo boschivo, esclusa la zona di “Sa Conchedda” e quella interessata ai lavori di forestazione. Questa zona è ubicata tra gli 800 ed i 1.000 m. s.l.m. I rilievi più importanti sono Punta Sa Jone (1.003), Punta Sa Lima (966 m.) da cui nasce un affluente del Riu Mannu che alimenta il fiume Coghinas, Nodu Su Tronu (953 m.), Punta Sa Mesa (926 m.), Punta Sos Balestreris (843 m.), Punta Sos Misurantes (856 m.). Nella località di “Sa Conchedda” sono state introdotte le conifere, esclusa la parte periferica, dove è ancora intata la vegetazione autoctona, sughere, lecci, corbezzoli erica ed altre specie della tipica macchia mediterranea. Le loro radici hanno impedito il dilavamento delle coste montuose sebbene i terreni siano stati percorsi da diversi incendi, mantenendo così quello strato di terra fertile che ha permesso al bosco di essere sempre vigoroso. La rimanente parte del “Monte S’Ena” è spoglia, sprovvista dello strato arboreo, mentre è presente la vegetazione arbustiva. Questa porzione del territorio, un tempo boscata, alla fine dell’ottocento e nella prima metà del Novecento è stata soggetta a tagli selvaggi di piante e percorsa da numerosi incendi. Il territorio di “Sa Conchedda” è un vero e proprio paradiso terrestre: immensi spazi di zone aspre e selvagge, ove oggi regna il cinghiale ed anni fa si potevano ammirare frotte di mufloni saltare tra le rocce dei monti “Sos Balestreris” e “Sos Misurantes”. Tutta la regione è ricca di acque sorgive: molte fontane dissetano gli escursionisti ed i rari visitatori. Le acque, trasportate dai torrenti, confluiscono in varie dighe artificiali che formano laghetti in cui in certi periodi dell’anno nuotano tranquilli i germani reali. La porzione sita sull’altipiano è prevalentemente pianeggiante e ricoperta da boschi di sughera e leccio, ma ad est si elevano la punta di Sa Pianedda (985 m.), Punta Ololviga (892 m.) e Chentu Porcos (829 m.) Qui nasce il maggior fiume della Sardegna, il Tirso, alimentato dalle sorgenti di Orunita, Musculajos ed Isteddì. Altro fiume che nasce fra questi monti è il Dore, che rifornito dalle acque delle sorgenti di Su Pisu e S’Olostris, alimenta la diga di Posada. Presso Chentu Porcos e Loelle si trovano le sorgenti del fiume S’Elke, che con le sue acque alimenta il fiume Coghinas. Questo territorio è solcato da canali e piccole valli, ricoperte da rigogliosi boschi di sughera, tra cui Canale Lupu e Sos Canales. A sud-ovest il rilievo di Sa Serra (830 m.) divide la piana di “Padru Oes” dalle fertili terre di “Sa Zura” e “Sas Radinas”. La regione è ricoperta da secolari piante di quercia, qualche pianta di leccio e rare piante di sughera. Nella regione di “Sa Zura”, in località denominata “S’Isj a”, nel Miocene (50-60 milioni di anni fa) sorgeva un lago. Di questo lago, oggi, rimangono le rocce formatesi con i suoi sedimenti: infatti è l’unica zona del territorio dove si trova il calcare. Questa roccia affiora dal terreno dove era situato il lago. Parte dei muri delle proprietà assegnate negli anni Cinquanta dall’Etfas sono costruiti con questo tipo di roccia. Il paesaggio è caratterizzato da stupendi boschi contornati da imponenti rilievi granitici. Ciò che maggiormente contraddistingue questi rilievi sono le cavità formatesi durante le eruzioni vulcaniche ed in seguito a fenomeni di erosione: vengono comunemente chiamate “tafoni”, in sardo concheddas. Tra i blocchi di granito si aprono talvolta delle cavità tanto grandi che i nuragici le utilizzavano come sepolture.